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Background e noise nelle immagini astronomiche

Quando si osservano corpi stellari bisogna tenere conto di alcuni fattori di disturbo. I più rilevanti sono il cosiddetto background e l'effetto di assorbimento.

L'atmosfera terrestre assorbe la maggior parte delle radiazioni infrarosse provenienti dalle sorgenti cosmiche ed inoltre emette radiazioni proprie che si sovrappongono a quelle stellari: il primo di questi effetti è quello chiamato effetto di assorbimento mentre il secondo è il background. All'assorbimento atmosferico non c'è rimedio. I detector ad infrarosso montati su telescopi terrestri riescono a rilevare solo le lunghezze d'onda che attraversano l'atmosfera; è per questo motivo che gli osservatori sono posizionati su alte montagne, dove l'aria risulta secca e priva di vapore acqueo che assorbirebbe i raggi infrarossi. Questo disturbo, quindi, riduce la finestra di spettri visibili da telescopi terrestri.

Il segnale di fondo (background), invece, si può ridurre se, mediante metodi empirici, se ne può valutare l'entità in modo da sottrarlo in tutti i pixel dell'immagine.
La stella appare quindi immersa in un fondo di radiazioni infrarosse che può anche essere considerevole. Per ottenere osservazioni migliori, è necessario ridurre il più possibile l'effetto dell'atmosfera; ad esempio molti detector ad infrarosso sono stati posti su palloni, razzi ed aeroplani. Tali metodi risultano efficaci, ma con essi è possibile effettuare solo osservazioni di piccole porzioni di cielo e per brevi periodi di tempo.

Esiste anche un'altra componente di disturbo dell'osservazione astronomica: il noise. Risulta importante possedere un segnale intenso per ricavarne la maggior quantità di informazione ma, se esso è immerso in un enorme quantità di rumore, risulta del tutto inutilizzabile, esattamente come risulta impossibile capire cosa dice una persona che urla in mezzo al disturbo di una folla rumorosa.
Per definire quanto un'immagine sia rumorosa, si introduce il ``rapporto segnale-rumore'' (abbreviato S/N, dall'inglese signal-to-noise ratio) che esprime il rapporto tra il segnale utile ed il rumore; quest'ultimo viene valutato come la radice quadrata della varianza, indicata con $\sigma$:


\begin{displaymath}
\sigma= \sqrt{\frac{\sum_{i=1}^{N}(x_{i}-M)^{2}}{N}} \,\,
\end{displaymath} (1.1)



dove $x_{i}$ è l'intensità del i-esimo pixel ed $M$ è il valor medio dell'intensità di tutti i pixel, calcolato nel modo seguente:


\begin{displaymath}
M=\frac{\sum_{i=1}^{N}x_{i}}{N} \,\,
\end{displaymath} (1.2)



Ci possono essere diverse forme di rumore:

Risulta molto importante ottenere una buona stima del noise per riuscire ad effettuare una valida ricostruzione dell'immagine originale. L'esempio di seguito riportato può essere utile per capire meglio il collegamento tra i diversi tipi di rumore.
In una ripresa in cui conta prevalentemente il read-out noise, se viene raddoppiato il tempo di posa, raddoppierà anche il segnale, ma il rumore non cambia (la lettura avviene, comunque, una sola volta), quindi il $S/N$ cresce linearmente con il tempo di esposizione. Viceversa, se prevale il dark noise, esso cresce come la radice del tempo di posa, quindi $S/N$ cresce proporzionalmente a $\sqrt{t}$ e non a $t$.
Tutto ciò risulta vero solo se il segnale è molto debole e dunque anche il rumore corpuscolare è talmente piccolo da poter essere trascurato. Al contrario, per segnali molto intensi, a dominare è proprio quest'ultimo ed il $S/N$ sarà sempre proporzionale a $\sqrt{t}$.


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Anna Custo 2002-02-05